Riccardo Bellandi

I SIGNORI DELL'APPENNINO. Amori e battaglie nella Toscana del Duecento 

Firenze, 2010, 2015
pagine: 624
VERSIONE CARTACEA
caratteristiche: br, 12x20
ISBN: 978-88-56401-01-1 
prezzo: 18,00 €

 
Luoghi del romanzo







 
Castello di Montaccianico
 

metà XII secolo: prima attestazione del toponimo e del castello, ricavata da un atto di divisione dei beni eseguito da due membri della famiglia Ubaldini. Montaccianico e la sua giurisdizione risultavano tra i beni lasciati indivisi; 

1186: ratifica del precedente atto e rinnovo della divisione dei beni, tra i quali lo stesso castello. Ma tale divisione poi non ebbe seguito;

1218: documento che attesta che Montaccianico è divenuto la residenza dell’omonimo ramo familiare: li Ubaldini da Montaccinaico; 

1220-1246: privilegi imperiali di Federico II agli Ubaldini, Montaccianico è il primo dei numerosi castelli ivi nominati

1251: molte delle Cronache toscane e bolognesi ci ricordano come a Montaccianico venne cambattuta una grande battaglia tra le milizie fiorentine guelfe e gli Ubaldini, parte della Lega Ghibellina al fianzo di Siena, Pisa, Pistoia e altri fedudatari del contado. La battaglia fu vinta dai Guelfi fiorentini, ma non sappiamo se il castello fu poi diroccato. Le medesime Cronache ricordano come questo negli anni successivi venne ricostruito dai suoi signori, in particolare dal cardinale Ottaviano; 

1280-1286: il castello divenne rifugio dei fuoriusciti Ghibellini, in particolare degli Uberti che si pongono sotto la protezione degli Ubaldini; 

1302: convegno di San Godenzo, accordo militare tra i Guelfi Bianchi e gli Ubaldini, i primi s’impegnano a risarcire i signori del contado per ogni danno ricevuto a Montaccianico e agli altri loro castelli. Primo ed invano assedio della roccaforte da parte dei fiorentini; 

1306: maggio-agosto, assedio di Montaccianico, resa di una parte degli Ubaldini al Comune di Firenze. Settembre consegna del castello ai Fiorentini e suo abbattimento.

1306: ottobre, 17-23, parte degli Ubaldini di Montaccianico vendono al Comune di Firenze la loro quota del castello, cioè 2 parti di 4 per 15.600 fiorini d’oro; 

Dopo il 1306: il sito dove sorgeva il castello non fu mai più riutilizzato da nessuno per un divieto assoluto da parte della Repubblica di Firenze. Le sue poderose macerie – solo in parte asportate nel corso dei secoli per le costruzioni rurali dei dintorni – giacciono ancora sepolte e disfatte sul monte; 

2008: avvio delle campagne di scavo del castello nell'ambito del progetto "Montaccianico vive" .

 

Rocca di Tirli


Soggetta nel 1219 ai Malavolti, casata signorile dell'Appennino Bolognese, la rocca fu ottenuto dagli Ubaldini in vicariato dall'imperatore Ludovico IV il Bavaro prima del 1324, ma poi effettivamente conquistata nel 1342 dopo la distruzione di Firenzuola. Recuperato nel 1350 dai Fiorentini, durante la guerra tra il comune di Firenze ed il Visconti, nel 1351 gli Ubaldini la occuparono nuovamente.  Nel 1362 ne era padrone Gioacchino Ubaldini che alla morte la lasciava al Comune di Firenze. Ripresa da Andrea Ubaldini nel 1371, due anni dopo venne espugnata dai Fiorentini e distrutta. Fu l'ultimo castello degli Ubaldini che conquistarono i Fiorentini, in quanto gli altri si erano già arresi tutti. Evidentemente però, il Comune fiorentino dovette servirsene ancora, per fronteggiare le mire prima dei bolognesi poi della S.Sede, perché troviamo, come annota il Casini, che la rocca nel 1500 era presidiata da 50 archibugieri. Nel 1602 era ancora efficiente, ma poco più tardi venne definitivamente smantellata. Sul monte dove si ergeva la rocca restano ancora le fondamenta del mastio e macerie sparse ormai ricoperte dalla vegetazione.



Rocca di Coldaia



Castello di Ascianello




Casolare le Isole




Palagiaccio di Senni



Pieve di Sant'Agata



La pieve di S.Agata Mugello è una delle più belle e storicamente più significative chiese del Mugello. Fu costruita nel sec. XII (su una formella del recinto battesimale compare la data 1175) al posto della precedente assai più piccola del V secolo le cui tracce sono indicate sul pavimento.L’edificio, tutto in filaretto di alberese proveniente da cave di zona, ha una facciata a capanna caratterizzata in alto da una monofora al di sotto della quale si nota l’antica presenza di una rosone, esistito almeno fino a tutto l’800. Il portale ha stipiti e architrave in pietra serena scolpiti. Il tutto è sovrastato da una lunetta in serpentino intarsiata con un motivo a croce greca realizzato in bozzette d’alberese. A destra del portale compare una formella quadrata in pietra decorata da tre semisfere.
Sul lato settentrionale della chiesa compare un motivo a losanga formato da una scacchiera in bozzette d’alberese e serpentino, analoga a quella presente nella pieve di Cornacchiaia; più in alto le tracce di una fila di laterizi che ricordano la presenza del loggiato cinquecentesco che circondava tutta la costruzione. Il fianco meridionale presenta tre finestre non originali e, in basso, ai lati di una porta sotto il loggiato, una serie di decorazioni scolpite che risalgono all’epoca della costruzione. Sul fianco settentrionale si addossa il campanile a forma di torre a pianta quadrangolare, attualmente assai più basso dell’originale a causa dei crolli causati dal terremoto del 1542. L'interno della pieve è articolato in tre navate terminanti con una scarsella quadrangolare affiancata lateralmente da due cappelle. Il presbiterio è rialzato dal piano della chiesa con due scalini. Caratteristica dell’edificio è il tipo di copertura col quale l’armatura del tetto a due spioventi viene posata direttamente sui sei pilastri creando un effettori ampia e maestosa spazialità. Questa soluzione architettonica ben si presta a resistere alle avversità di una zona altamente sismica. L’aspetto attuale dell’edificio è frutto di un restauro compiuto intorno al 1968 che ha cercato di ripristinare le antiche forme alterate dal tempo. In origine infatti vi era un’unica abside semicircolare e molto più piccola dell’attuale (il perimetro è tracciato sul pavimento dietro l’altar maggiore), mentre il presbiterio era rilevato dal piano della chiesa da sei scalini e recinto da una transenna marmorea intarsiata cui era addossato il pulpito. Nel XV secolo vennero costruite le due cappelle laterali: la sinistra probabilmente dalla famiglia Cambi nel 1477 e la destra dalla Compagnia di Piazza al tempo dei pievani della famiglia Dati che si alternarono dal 1460 al 1527. Nel 1526 fu costruito il portico attorno alla chiesa. Con il pievano Nozzolini, dal 1608 al 1618 la chiesa cambiò notevolmente aspetto per adeguarsi ai nuovi precetti controriformisti e per ricercare quel “decoro” che gli effetti del terremoto del 1542 avevano compromesso. La chiesa fu intonacata ed imbiancata, sbassato il presbiterio, il battistero fu spostato dove ora si trova e recinto con i pannelli marmorei che costituivano l’antico pulpito. Furono tolti i vecchi altari in legno e ricostruiti in pietra così come gli antichi dipinti furono sostituiti con altri più moderni. Il campanile,scapezzato dal terremoto del 1542 e ulteriormente danneggiato da quello del 1611, fu u restaurato come lo si vede adesso. Nel 1820 fu rialzata l’arcata centrale dell’abside e fu ampliato il perimetro del coro. Nel 1892 la pieve fu dichiarata monumento nazionale e nell’occasione venne abbattuto il loggiato che la circondava.



Rocca di Cerbaia


La rocca fu edificata agli inizi del XII secolo a guardia della "strada di Lombardia" e fu la dimora dei Conti Alberti, a quali venne concessa nel 1164 dall'imperatore Federico Barbarossa. Nel XIII secolo, il maniero fu uno dei capisaldi della lotta tra il potere feudale albertesco e il nascente comune di Prato. Qui Adelaide degli Alberti incontrò il suo sposo Ezzelino III da Romano. Una loro figlia, Cunizza da Romano (di cui parla Dante Alighieri nel Paradiso), dalla movimentata vita amorosa, vi visse in età matura; nel 1278 redasse il proprio testamento in questo luogo, dopodiché non si ebbero più sue notizie. È probabile che lei sia morta nella Rocca e che sia stata sepolta nel cimitero attiguo. Nel 1361 Niccolò Aghinolfo degli Alberti fu l'ultimo conte di Cerbaia; in quell'anno infatti la rocca fu venduta al comune di Firenze, che prima la fortificò e subito dopo vi insediò un presidio militare, smobilitato nel corso del Quattrocento. In seguito la rocca perse gradualmente di importanza e nel XVII secolo divenne la residenza della famiglia Novellucci per poi passare, nel XIX secolo, alla famiglia Eldmann. Alla fine del XX secolo la rocca è stata acquistata dal comune di Cantagallo che ne ha promosso il restauro e la valorizzazione.  Della Rocca di Cerbaia parla Dante Alighieri nel XXXII canto dell'Inferno (vv.40-60) quando narra la vicenda dei fratelli Napoleone e Alessandro degli Alberti, figli del conte Alberto degli Alberti. I due fratelli si uccisero a vicenda per questioni di eredità e per questo vengono confinati nella Caina, nel girone dove si trovano i traditori dei propri parenti. Dante racconta anche la vicenda del figlio di Napoleone, Alberto II, il quale assassinò il cugine Orso e la loro vicenda è descritta nel VI canto del Purgatorio (vv.19-21).  Una leggenda nata a Firenze, intorno al XV secolo, racconta che il poeta in una nevosa notte dell'inverno del 1285 si trovava in viaggio verso Bologna e giunto alla rocca chiese ospitalità per una notte ai conti Alberti ma loro gliela rifiutarono e così il poeta dovette riparare nella capanna di un pastore posta più a valle; la leggenda identifica questa casa con quella ancora oggi esistente, ma diroccata, posta ai piedi della rocca. Del complesso fortificato, realizzato in filaretto di arenaria locale, rimangono le tracce di due cinte murarie e del maschio: nell'ampio circuito di quella inferiore si trovano i resti di un oratorio medievale absidato; all'interno della seconda cerchia sono una cisterna coperta a botte e ambienti di servizio. Al centro si trova l'imponente torrione pentagonale (in buona parte crollato) con torre centrale di vedetta, il Mastio, un tempo assai più alta (con resti di finestre e feritoie). È probabile che il maschio sia stato ricostruito nella seconda metà del Duecento, ispirandosi nelle forme al Castello dell'Imperatore di Prato.



Rocca di Montegemoli


Castrum Montis Gemuli era una delle fortezze Ubaldini più importanti nella Valle del Santerno. Apparteneva a questa famiglia quando nel 1273 venne preso e smantellato dai Fiorentini.  Occupato nel 1349 da Maghinardo Ubaldini venne assediato ancora dai Fiorentini, espugnato ed ulteriormente fortificato.  Nel 1371 era ancora soggetto al Comune di Firenze.  Attualmente sul monte oggi denominato "Poggio Giandolea" rimangono ancora tracce della cinta muraria e fondamenta sparse.  Si nota altresì l'imponente sfruttamento della risorsa naturale dell'orografia, una lunga cresta montuosa ove i resti suggeriscono la presenza di una fortificazione articolata su livelli differenti; nei dintorni ulteriori resti denotano la presenza di torri od elementi di fortificazione isolati.



Chiesa di San Gavino al Cornocchio



Casolare il Coppo



Casolare Vallappero




Crinale appenninico, passo della Vecchia




San Clemente, Lago e Montaccianico




Lago di Cignano