Riccardo Bellandi 

ENRICO MATTEI DEVE MORIRE

Lecce, 2019

pagine: 386

copertina di Andrea Castellani  

VERSIONE CARTACEA

caratteristiche: br, 13x20 

ISBN: 978-8831629-73-7 / prezzo: 17,00 €

VERSIONE DIGITALE

ISBN: 978-88-31634-32-8 / prezzo: 1,99 €




I luoghi del romanzo

Le foto sono tratte in prevalenza dall'Archivio Storico dell'Eni, dalla rivista aziendale dell'Eni Il Gatto Selvatico  (n. 9, 1961 e n. 10, 1962)  dalla rivista Edilizia Moderna (n. 79, 1963), da alcuni film dei primi anni '60 (Il Comandante, L'Eclisse, Il Boom, Il Caso Mattei) e da cartoline dell'epoca.



Il Grand Hotel BRISTOL di Merano, anni '60


"Ganz inchiodò la FIAT Campagnola davanti al Grand Hotel Bristol di Merano, un albergo avveniristico
di vetro, cemento e acciaio.

(...)
Ganz schiacciò la sigaretta nel posacenere e continuò a sfogliare il Corriere della Sera, comodamente
sprofondato in una poltrona in noce e velluto imbottito del bar attiguo alla grande e raffinata
hall del Grand Hotel. Sul tavolino servo muto di cristallo e ottone, proprio davanti alla poltrona, era
posato un orologio dalla cassa di acciaio lucido, che sembrava strappato alla plancia di un fuoribordo.
Indicava le 8.30. Aveva ancora una mezzora per rilassarsi.
Da Vienna aveva prenotato una suite la settimana prima e aveva fatto arrivare la sua valigia con
tutto l’occorrente. Adorava il Grand Hotel Bristol di Merano, e tutte le volte che gli capitava di pernottare
in Alto Adige si fermava là. L’albergo, inaugurato sei anni prima da Sophia Loren e definito dal New York Times «l’albergo più
moderno ed elegante d’Europa», era stato progettato da un architetto navale con soluzioni e arredi
tipici di una moderna imbarcazione di lusso. Sembrava di stare su una nave da crociera e a Ganz la
cosa piaceva: gli ricordava l’infanzia vissuta a Zara, tra le barche e gli uomini di mare.
Aveva una casa, una bellissima villa in campagna, ma a causa della sua professione trascorreva la maggior
parte delle notti in albergo; e da mondano amante della bella vita qual era, sceglieva sempre i
migliori hotel, i più eleganti, lussuosi, esclusivi. E il Bristol di Merano era il top. Arredi firmati di design
moderno. Marmi pregiati ovunque. Pareti rivestite di lastre di onice. Lampadari Cenedese e Seguso,
delle più rinomate vetrerie di Murano. Personale impeccabile. Cibo eccellente. Comfort di ogni genere.
SPA sublime. Roof garden con piscina panoramica. Clientela selezionata. 

Il mese di maggio era bassa stagione e l’hotel era semivuoto, se non per una chiassosa comitiva di ortopedici
che lo aveva scelto per un convegno internazionale. Meglio. Ganz non amava le folle e la
calca, neanche quando si trattava di vip. D’inverno e d’estate il Bristol era frequentato dal jet set italiano
e internazionale, principi, sceicchi, capitani d’industria, governanti, campioni sportivi, artisti,
divi del cinema. Anche se negli ultimi anni, a causa degli attentati terroristici dei separatisti sudtirolesi,
l’afflusso di turisti era sensibilmente calato, come in tutto l’Alto Adige. Il picco negativo si era registrato
proprio l’estate precedente, dopo la cinquantina di attentati dinamitardi della «notte dei fuochi», con
raffiche di disdette. Nell’inverno la situazione si era tranquillizzata e la stagione sciistica era andata un
po’ meglio. Ganz si era coricato presto la sera prima. Lavato e sbarbato, nella sala ristorante in mezzo a immensi
tappeti persiani e antichi e preziosi vasi cinesi, aveva consumato una sostanziosa cena con piatti del posto:
uno stufato di capriolo e funghi accompagnato da patate arrosto aromatizzate. Aveva una fame da
lupo: nelle precedenti ventiquattro ore aveva mangiato solo barrette di cioccolata e carne in scatola.
Quanto ai piaceri della carne che si era proposto di soddisfare quella sera stessa, recuperando un bel
po’ di arretrato, si sarebbe dedicato nei giorni successivi; era privo di energie e avrebbe rischiato di
fare cilecca. Svegliato alle 6, la forza dell’abitudine, si era fatto portare la colazione in camera. Una spremuta
d’arance, un caffè espresso e due cornetti alla crema. Quindi aveva goduto della piscina panoramica
posta sul tetto dell’Hotel, uno sballo incredibile, un unicum in Europa. Cinquanta vasche a stile
libero a ritmo sostenuto lo avevano tonificato a dovere."

[Estratto del romanzo "MATTEI DEVE MORIRE"]


Quartiere EUR primi anni '60 - planimetrie, foto aeree e panoramiche


Quartiere EUR primi anni '60 - Palazzo degli Uffici dell'ENI (esterni)

 

Quartiere EUR primi anni '60 - Palazzo degli uffici dell'ENI (interni e planimetrie) 


Primo piano - ingresso

 


Piani intermedi (2°-18°) 


Piano foresteria (19°) piano dirigenziale (20°)

 


Ufficio di ENRICO MATTEI, 20° piano Grattacielo ENI, quartiere Eur, Roma 

«Il presidente dell’ENI era seduto su una poltrona di pelle dietro una scrivania di mogano dalle

linee moderne con le gambe in acciaio e il piano rivestito di cuoio scuro, la famosa T96 di Borsani.
Aveva la cornetta del telefono in mano e ascoltava silenzioso l’interlocutore all’altro capo della linea.
Con rapidi gesti delle mani fece cenno a Pachetti di uscire e a Ganz di sedersi su una delle poltroncine
girevoli davanti alla scrivania. Mentre Pachetti usciva richiudendosi la porta alle spalle, Ganz attraversò
l’ampio ufficio e raggiunse la scrivania, oltrepassando alla sinistra il piano bar con un divano accostato
alla parete vetrata e due ampie poltrone di pelle chiara, alla destra un tavolo da riunione con
sei sedie imbottite.
Mattei aveva la testa china sulla scrivania, la mano sinistra poggiata sui capelli grigi tirati indietro
con la gelatina e corti ai lati. Rispondeva a monosillabi, con frasi brevi e secche, la voce pacata. Pareva
stanco. La scrivania era sgombra. C’era solo una foto di un uomo di mezza età in giacca e cravatta
che Ganz riconobbe come il defunto ministro delle finanze Ezio Vanoni, grande mentore e amico personale
di Mattei. Ganz sedette e si guardò attorno.
La parete sinistra dell’ufficio era interamente vetrata e dava sul lago. Quella a destra era rivestita in
tessuti beige e teak con alcune parti attrezzate con librerie aperte e armadietti chiusi in mogano. Anche
la parete dietro la scrivania era interamente armadiata in mogano tranne sulla destra, dove si apriva
una porta che probabilmente conduceva a una sala riunioni....»

«..... Proprio dietro la scrivania sulla parete in legno scuro era appeso un quadro d’arte figurativa
moderna con una pesante cornice dorata che attirò subito l’attenzione di Ganz. Il dipinto raffigurava
un abbozzo d’uomo dalle spalle curve, addossato a un muro sgretolato sotto un cielo grigio azzurro
con lontane nuvole bianche. Un’immagine che trasmetteva grande malinconia e solitudine.
“Mauro Reggiani! Un grande pittore, lo conosce?” esclamò d’un tratto Mattei.                                                                                      Terminata la telefonata, si era alzato dalla poltrona lasciando la cornetta del telefono penzoloni sul tavolo.                                        In mano stringeva un fascicoletto appena raccolto da un cassetto.
“No, mi spiace, non mi intendo di arte moderna” rispose con un certo imbarazzo Ganz che
non era ancora riuscito a vincere l’emozione d’incontrare l’uomo più influente d’Italia, nonché l’italiano
più conosciuto e discusso all’estero. Se non ricordava male, di recente un giornale statunitense
l’aveva definito «l’italiano più potente dopo Giulio Cesare».
Mattei girò attorno alla scrivania e sedette sulla poltrona vicino a Ganz accavallando le gambe, magre
e lunghissime che sporgevano come stecchini sotto i pantaloni di flanella grigi. Era in camicia
bianca, il colletto sbottonato, la cravatta nera allentata. Gli occhi grigi attenti e penetranti, il naso affilato da rapace, la bocca larga tra due labbra sottili, l’aria sorniona di un uomo che è conscio della sua
posizione di forza.
“Bravo, ottima risposta” esordì con un sorriso bonario. “Non si tratta di Mauro Reggiani. Quello
fa arte astratta e a me non piace quella roba là. Il quadro è di Filippo De Pisis, uno dei miei pittori
preferiti. Le ho teso un piccolo trabocchetto. Lo faccio spesso. Per me, come per ogni uomo che
esercita un comando, ha delle responsabilità, è fondamentale saper giudicare subito chi si
ha di fronte, al di là di etichette, titoli e raccomandazioni. Non sopporto i bugiardi, i ciarlatani, i leccaculo.
Mi piacciono le persone dirette e sincere.”
(...)
“Sa chi è l’uomo solo e affranto nel quadro di De Pisis?” domandò improvvisamente Mattei volgendo
lo sguardo al dipinto sopra la scrivania.
“No, Ingegnere.”
“Sono io.”
Mattei si passò le mani sui capelli e alzò gli occhi al soffitto, mostrando improvvisamente una grande
fragilità e malinconia. Tornò a guardare Ganz con occhi lucidi, ma solo per un attimo. Subito li distolse,
lasciandoli vagare per la stanza, come aveva fatto per quasi tutto l’incontro.
“Mi danno tutti addosso. La Confindustria paga la stampa per distruggermi. Quelli della Dc, quelli
del mio stesso partito, tramano contro di me e il prossimo anno minacciano di non rinnovarmi l’incarico.
I servizi segreti mi spiano e impilano dossier su dossier. Le Sette Sorelle e i nostri alleati assoldano
sicari per intimorirmi. Ma la mia è una battaglia che faccio per l’Italia. I rischi li conosco, li ho
calcolati. Pazienza, qualcuno mi sostituirà. Certo se gliela facessi ancora qualche anno, se mi permettessero
di tirare avanti, questa macchina non la fermerebbe più nessuno, e l'Italia la trasformiamo veramente
questa volta. Ne facciamo una nazione moderna, civile, prospera.»

Estratti del romanzo "MATTEI DEVE MORIRE".

La prima foto è tratta dal film di Francesco Rosi "Il caso Mattei". Molte scene del film, come quella sopra riportata,
furono girate negli uffici del Palazzo Eni di Roma.

La seconda foto è una riproduzione del quadro di De Pisis, intitolato “Omaggio a Fattori,” che Mattei teneva appeso alla parete dietro la scrivania.

 
 



Quartiere EUR primi anni '60 - Lago, parco, palazzo dello Sport, palazzi del ministero delle Finanze


Quartiere Eur primi anni '60: Piscina delle Rose

"La giornata era soleggiata e calda, il termometro segnava 23 gradi. Così dopo il lavoro aveva deciso
di farsi una nuotata nella piscina che aveva visto il primo giorno nel parco del lago. Aveva subito
preso informazioni. Si chiamava Piscina delle Rose e dalla seconda metà del mese di maggio era aperta
al pubblico, tranne la domenica dedicata all’agonismo, gare di nuoto e partite di pallanuoto.
Scattate le 17 scappò letteralmente dall’ufficio.
Un chilometro a piedi lungo viale America costeggiando il lago dal lato est e raggiunse la piscina. Indossò
il costume rosso fuoco comprato assieme al telo da mare il giorno prima a Eurosport, un grande
e fornito negozio sportivo trovato in viale Europa, la via commerciale del quartiere; e nuotò per circa
un’ora, giusto per disintossicarsi dalla giornata passata inchiodato alla scrivania a tradurre articoli
scritti in tedesco. Quindi, i muscoli indolenziti e gonfi per lo sforzo e la mente serena e leggera, inforcò
gli occhiali da sole e si distese tra i roseti di uno dei piccoli fazzoletti di prato tra la siepe e il
bordo vasca in mattonelle rosse. Anche là gli alberi erano ancora mingherlini e quindi il sole batteva indisturbato
ovunque."

[Estratto del romanzo "MATTEI DEVE MORIRE"]

 

Quartiere EUR primi anni '60 - piazza Guglielmo Marconi, Palazzo Italia


Quartiere EUR primi anni '60 - Viale Civiltà del Lavoro, Colosseo quadrato, Palazzo dei Congressi


Quartiere EUR primi anni '60 - viale Cristoforo Colombo


Quartiere EUR primi anni '60 - Viale Europa, chiesa SS Pietro e Paolo, via Pasteur


Quartiere EUR primi anni '60 - Ristorante Corsetti Vecchia America 


Quartiere EUR primi anni '60 - viale Umanesimo, via della Tecnica, via del Ciclismo, Bar Giolitti, il Fungo, Palazzo dello Sport


Quartiere EUR primi anni '60 - Luneur


Quartiere EUR primi anni '60 - paesaggi notturni 


Città di Gela, la Conchiglia, la Piana del Signore 


Peltrochimico ANIC di Gela  (primi anni '60)


Piattaforma fissa offshore AGIP MINERARIA  di Gela  (1962-63) 


G. Tarozzi, "Gela. Statue e petrolio", Le vie d'Italia, 1962.